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Gaetano Previati (Ferrara, 1852 – Lavagna 1920)
Autore : Gaetano Previati (Ferrara, 1852 – Lavagna 1920)
Epoca: Primi del Novecento
Misure H x L x P  

Gaetano Previati (Ferrara, 1852 – Lavagna 1920)

“Paolo e Francesca”

Olio su tela

Cm 100 x 83

Provenienza: Milano, Guido Marangoni

Gaetano Previati offre due opere, dipinte a vent’anni di distanza e assai diverse tra loro. In Paolo e Francesca, del 1887, il riferimento al dramma teatrale del secondo Romanticismo è palese. I due corpi, come se fossero stati trafitti, in un solo colpo, dalla stessa spada, giacciono ai piedi di un letto che si riferisce alla liaison erotica. I due cognati amanti non sono stati in grado, come appare nella Divina Commedia, di sottomettere la pulsione e il sentimento alla ragione. Il primo quadro di Previati coglie un fotogramma dopo il duplice omicidio, compiuto dal marito di lei, fratello, al tempo stesso, dell’assassino. Trascorre il tempo e – mentre le illustrazioni di Doré diventano imprinting visivo – Simbolismo e Liberty caratterizzano la moda dell’epoca. Nel secondo quadro di Previati, le nudità di Paolo e Francesca sono sinuosamente gettate nel vento, attraversate da una forte energia e da un fremito elettrico, proiettate nell’eterno. E’il 1909, anno di nascita del Futurismo.

Fresco di studi all'Accademia di Brera, Previati 1852 - aveva fatto i suoi esordi nella pittura italiana cimentandosi con il genere storico, sotto l'influenza dello scultore Grandi e delle sue idee luministiche, Previati diede una svolta radicale alla propria evoluzione artistica, trasformando la propria pennellata in senso sempre più filamentoso e sempre più luminoso, fino a dissolvere la forma per far emergere la realtà spirituale dei soggetti rappresentati. Egli era sospinto in questa nuova direzione sia dai numerosi contatti con la Scapigliatura milanese, sia dalla precoce «scoperta» della pittura francese di tendenza simbolista, specialmente quella di Odilon Redon. La crisi di evoluzione si manifestava già in un "Crocifisso", dipinto nello studio dello scultore Grandi, dalle cui idee luministiche egli era ormai influenzato. Un nuovo stile di ombra-luce è evidente anche nel "Torquato Tasso", cui fu però  preferito per il Premio Fumagalli all'Esposizione milanese del 1880, un ritratto di C. Rapetti.
Gli anni che seguirono furono tormentati dal desiderio di raggiungere una tecnica scientifica nell'uso del colore, che era la sua nuova scoperta: lo si avverte nel "Bacio" (1887) e specialmente in una serie di studi di figure sul prato, a cominciare da "Pace" (1889), considerato da lui "il mio primo tentativo nella tecnica nuova della spezzatura del colore, una tecnica che dà l'impressione di una maggiore intensità di luce". Nello stesso anno iniziava la sua grande "Maternità", il primo quadro di impostazione idealistica nella tecnica del divisionismo luministico.
Il divisionismo, da lui teorizzato in due trattati, veniva applicato dal 1890 in poi, finché Alberto Grubicy, nel 1911, lanciò addirittura una "Società per l'Arte di Gaetano Previati", mentre il fratello Vittore ne diffondeva criticamente i principi.»

Pertanto, Previati precede i Futuristi nella elaborazione di una nuova tecnica pittorica, basata sulla luminosità della pennellata e sulla costruzione di sapienti giochi di ombra e luce in movimento, o meglio, in vibrazione; e avanza dritto per la sua strada, aprendo nuovi scenari e nuove prospettive, raggiungendo il culmine della sua ricerca negli anni della prima guerra mondiale.

Nella tela ad olio «Paolo e Francesca», di grandi dimensioni (metri 260 x 230), dipinta nel 1909 e conservata presso la Civica Galleria d'Arte Moderna di Ferrara, l'itinerario di questo geniale pittore italiano raggiunge uno dei suoi vertici assoluti.
Essa si inserisce mirabilmente in quel risveglio dell'interesse per Dante Alighieri che caratterizza un po' tutte le arti, ma specialmente la pittura, fra gli ultimi anni del XIX secolo e i primi decenni del successivo, tanto che si potrebbe quasi parlare di una «Dante Renaissance». Ne sono testimonianza, fra gli altri, «Lo specchio della vita» La struttura compositiva, dicevamo, è relativamente semplice; alcune figure di anime dannate s'intravedono a fatica e concorrono a delimitare nettamente lo spazio sulla destra, ove è rappresentata la bufera infernale che travolge eternamente i peccatori di lussuria, da quello a sinistra, interamente sgombro e luminoso (luminoso per contrasto, giacché la scena si svolge pur sempre all'Inferno).
Ma la vera protagonista di questa tela è la luce: una luce vivida e al tempo stesso indefinibile, che ricorda quella percepibile dopo un violento temporale, prima che il sole ritorni, quando la natura giace come sospesa magicamente fra l'acquazzone che si è appena allontanato e il bel tempo, che ancora non osa fare capolino.
La linea curva, che separa la zona bruna sulla destra da quella luminosa sulla sinistra, ed è formata dal vestito di Francesca, in basso, e dai corpi di alcuni dannati, in alto, è illuminata da un colore giallo brillante, che accentua il contrasto fra le due metà della tela e le conferisce un movimento ascensionale vorticoso e possente, come una tromba d'aria, quale appunto la fantasia di Dante aveva mirabilmente concepito.
I volti dei due amanti infelici esprimono, pur nella estrema drammaticità della situazione, l'ardore della passione che tuttora li lega e che continuerà a legarli eternamente, creando uno stacco non solo psicologico, ma anche morale, fra loro e la massa confusa degli altri lussuriosi. ci troviamo immersi in un'atmosfera poderosamente visionaria e quasi allucinata, dove l'azione conta nella misura in cui è il riflesso di un intenso stato d'animo: la grande stagione espressionista batte alle porte. è un buon esempio di tale prevalenza: il nucleo poetico essenziale di quest'opera non risiede nella particolare tecnica della pennellata, ma nella profonda emozione che scaturisce dall'insieme, e di cui la caratteristica pennellata filamentosa è uno strumento, per quanto altamente raffinato; e mai un fine.
Anche per questo, possiamo dire che un dipinto come «Paolo e Francesca» sembra battere con forza, e non solo cronologicamente, alle porte del secolo XX: con tutte le sue inquietudini, con le sue tensioni insoddisfatte, con le sue stesse delusioni; non vi si respira più, in alcun modo, una atmosfera ottocentesca, ma ci sente trasportati entro quel medesimo orizzonte spirituale cui anche noi, uomini del terzo millennio, ci sentiamo intimamente legati.

Giusti Antichità 
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